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La nuova rete delle scuole lombarde

29 Settembre 2011

Pubblichiamo la relazione di Pierfranco Maffè al convegno di Monza. La Regione differisce i termini per il dimensionamento scolastico. E ANCI risponde alle province sul tema dell'assistenza ai disabili.

IN ALLEGATO:

la relazione del presidente del dipartimento Istruzione Pierfranco Maffè,
la lettera a Regione e Province sull'assistenza ai disabili nelle scuole superiori,
la nota della Regione sul dimensionamento scolastico,
i saluti dell'Assessore regionale Rossoni al convegno ANCI sulla scuola tenuto a Monza il 28 settembre.
 
 
LA NUOVA RETE DELLE SCUOLE LOMBARDE - Relazione di Pierfranco Maffè
 
In vista dell’attribuzione dell’autonomia, prevista dalle norme relative al decentramento amministrativo approvate alla fine degli anni ’90, i Comuni lombardi hanno provveduto a costruire una rete di scuole statali, in base al dettato del Decreto Legislativo n. 112/98, art. 139, che poneva in capo agli enti locali la competenza del dimensionamento.
 
In base al DPR n. 233 del 1998 si costituirono in Lombardia 1305 scuole statali, considerando che i parametri del DPR prevedevano una popolazione scolastica di almeno 500 alunni, fino ad un massimo di 900.
Nel 2000, quando fu avviata l’autonomia, nella nostra regione la media era di 750 alunni per istituto, con una percentuale equamente suddivisa tra istituti comprensivi, quindi dimensionati in verticale e direzioni didattiche o scuole medie, cioè istituti dimensionati in orizzontale.
                        
In questi 11 anni si è provveduto costantemente alla “manutenzione della rete”, verificando il rispetto dei parametri, quindi considerando i dati relativi alla popolazione scolastica, i trend demografici, la possibilità per i Comuni di stabilire un percorso unitario per la gestione dei servizi per il diritto allo studio, privilegiando quindi la tendenza a verticalizzare, cioè a costituire l’istituto comprensivo, oggi presente in  maggioranza.
 
Oggi in Lombardia funzionano 1.285 scuole statali. Le scuole dell’obbligo sono 914 e di queste 642 sono istituti comprensivi, 184 sono circoli didattici e 88 sono scuole medie. Sappiamo che queste ultime due tipologie di scuola dovrebbero essere soppresse, per far posto solo ad istituti comprensivi.
Un altro dato importante è quello relativo all’aumento di popolazione scolastica: oggi vi sono in media 880 alunni per ogni istituto lombardo.
 
Stiamo parlando di scuole statali, sappiamo che in Lombardia esiste anche un sistema scolastico integrato, con 2.522 scuole paritarie, di cui moltissime scuole dell’infanzia, con i Centri di Formazione Professionale e con enti accreditati.
 
Il dimensionamento però riguarda le scuole statali, quindi noi oggi dobbiamo considerare le scuole statali. In particolare i Comuni si occupano delle scuole dell’obbligo, che sono l’oggetto della legge n. 111, la quale non parla di dimensionamento delle scuole superiori, che sono di competenza delle Province.
 
Quali sono stati i criteri su cui si è ragionato in questi anni:
 
1.    La territorialità come valore, cioè come ambito in cui sviluppare e far crescere le scuole con le potenzialità dell’autonomia.
 
2.    L’unitarietà del percorso didattico e dei servizi. Non solo, quindi, attenzione al diritto allo studio ma anche al curricolo verticale, anticipando quindi il dettato della legge n. 111 del 15 luglio 2011, che proprio all’art.  19, comma 4, prevede la possibilità di garantire un processo di continuità didattica nell’ambito dello stesso ciclo di istruzione.
 
3.    La possibilità di governare il territorio e i trend demografici, in funzione dello sviluppo urbanistico, quindi programmando gli interventi a scopo abitativo sapendo che poi i cittadini residenti hanno bisogno di servizi.
 
4.    La possibilità di dotare i Comuni di strumenti di programmazione al loro interno (quindi collegando l’ufficio anagrafe col settore tecnico, col settore istruzione, con il sociale, ecc.) e al loro esterno, quindi avviando la programmazione di ambito con i Comuni vicini.
 
5.    Il collegamento con il sistema economico e produttivo locale, in vista dell’orientamento scolastico e professionale
 
Considerando questi principi, si sono ottenuti importanti risultati, anche se vi sono margini di miglioramento. Oggi discutiamo su ciò che si è fatto ma soprattutto su ciò che si potrebbe fare.
 
Andrebbero considerati anche altri aspetti:
 
a.     La questione dell’edilizia scolastica, con le problematiche della sicurezza da una parte e i vincoli del patto di stabilità dall’altra.
b.    Il problema della capienza degli spazi, quindi dei limiti oggettivi all’accoglienza delle iscrizioni, con il conseguente coordinamento territoriale per garantire il diritto all’istruzione.
 
c.     La capacità di programmare a livello di territorio e non solo a livello di confine comunale.
 
d.    L’approfondimento dell’aspetto relativo al coordinamento di area vasta, quindi al ruolo delle Province in relazione alle competenze dei Comuni. Non dimentichiamo che le proposte di modifica al Piano di dimensionamento vanno deliberate dai Comuni ma devono ottenere il parere favorevole delle Province, prima di arrivare in Regione.
 
e.     La valorizzazione dell’autonomia, ribadita anche dalla Legge Regionale n. 19/07. L’autonomia oggi purtroppo deve fare i conti con la riduzione delle risorse umane e finanziarie a disposizione, sia per i tagli agli organici sia per i limitati fondi dei Comuni.
 
f.      La possibilità di rivolgersi ad un’utenza che non sia quella tradizionale dell’alunno dai 3 ai 14 anni. Il Decreto Legislativo n. 112/98 pone in capo agli enti locali la competenza dell’Educazione degli Adulti, coinvolgendo quindi cittadini stranieri che necessitano di alfabetizzazione, cittadini anche italiani in cerca di una nuova occupazione o comunque disponibili a rimettersi in gioco attraverso percorsi formativi, o cittadini interessati all’educazione permanente.
 
g.     Ultimo, ma non ultimo per importanza, il confronto con il dato nazionale. In Lombardia siamo abituati a rispettare la legge, per cui se viene dato un parametro noi programmiamo in funzione di quel dato. Sappiamo che non è dappertutto così.
 
Oggi ci troviamo in questa situazione. Una legge dello Stato, la n. 111 del 15 luglio 2011, ha alzato il parametro degli istituti autonomi, prevedendo almeno 1.000 alunni per scuola e solo istituti comprensivi. La Regione Lombardia ha diramato indicazioni alle Province attraverso una circolare del 27 luglio scorso e le Province hanno stabilito le scadenze per le delibere comunali, cioè i termini entro cui approvare le proposte. Quasi tutte le Province hanno previsto il 30 settembre 2011, qualcuna il 15 ottobre.
 
Siamo al dunque, molti Comuni hanno già deliberato, altri lo stanno per fare. I Comuni lombardi hanno quindi preso sul serio il dettato della legge, portandosi avanti rispetto all’orientamento condivisibile del processo di continuità didattica, parlando quindi alle famiglie degli alunni e dicendo: “Iscrivi tuo figlio a 3 anni a quella scuola e in quella scuola si creeranno le condizioni per accompagnarlo sino ai 14 anni”, quindi con un impegno anche a regolare i flussi, ad organizzare i servizi, a predisporre le strutture.
 
Dicevamo che i Comuni lombardi si sono messi al lavoro ma sappiamo che in altre parti d’Italia questo non è avvenuto. Oggi vorremmo dire all’Assessore regionale che il rispetto della legge non può diventare un fattore penalizzante, per cui i soliti furbi aspettano che noi razionalizziamo e risparmiamo, mentre altri continuano nell’abuso, cioè nel non rispetto della norma.
 
Una proposta, quindi, potrebbe venire proprio da questa constatazione. Ma allora perché non si stabilisce una “dotazione regionale” di istituti autonomi, sulla base della popolazione scolastica? Si stabilisce un parametro, basato sul limite previsto dalla legge. La legge dice 1.000 alunni per istituto. Quanti istituti spettano a ciascuna regione? Entro questa dotazione si possono individuare le soluzioni più adeguate, non solo legate al calcolo matematico degli alunni o dei plessi da aggregare ma preoccupandosi della razionalità dell’intervento, delle deroghe possibili per le aree montane, di tutte le situazioni di sofferenza che abbiamo incontrato in questa fase di razionalizzazione, molte delle quali non sono ancora definite né risolte, perché non è sempre semplice trovare la soluzione in situazioni complesse.
 
Questa proposta risponderebbe anche ad un principio di equità, evitando tagli generalizzati, che vengono vissuti come ingiusti. Sappiamo che il dimensionamento non è uguale in tutta Italia. Come sappiamo che non è omogeneo in Italia il dato rispetto al rapporto alunni per classe o alunni per docente.
 
Abbiamo offerto alcuni spunti di riflessione e vogliamo creare i presupposti per un confronto con la Regione.
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