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Aziende pubbliche, Scanagatti "i Comuni non le considerano dei bancomat"

14 Novembre 2016

Un confronto alla Corte dei Conti sulla recente norma sulle società a partecipazione pubblica

La sezione lombarda della Corte dei Conti ha organizzato un confronto sulla recente norma in merito alle società a partecipazione pubblica, che in Italia interessa circa 8000 aziende che producono un fatturato di 42 miliardi di euro annui e impiegano 122mila dipendenti.
 
Gianni Trovati, giornalista del Sole 24 ore, ha aperto la discussione chiedendo a Giovanni Valotti, Professore dell'università Bocconi e presidente di A2A, un giudizio sul decreto legislativo 175/2016 sulle società partecipate, il quale ha replicato dicendo di non avere "grandissime aspettative dalla riforma, perché la storia delle riforme nel nostro paese impegna le imprese in faticosissimi periodi di analisi e scelte per capirne le conseguenze". A dar forza alla sua osservazione, Valotti ha sottolineato che "se c'è un mercato dei servizi, il pubblico deve essere competitivo rispetto al privato, quindi le riforme non devono creare un mercato selvaggio". Valotti ha infine considerato i diversi soggetti che esercitano il loro controllo sulle imprese pubbliche, tra le quali Anac, Corte dei Conti, ministero, constatando che "se dovete fare gli imprenditori, questa ragnatela rischia di soffocare il sistema" e non nascondendo il "timore che questi strumenti diventino elementi di contrattazione politica".
A dar manforte alle osservazioni di Valotti ci ha pensato Stefano Pozzoli dell'Università di Napoli, per il quale il provvedimento in esame mostra "un'assenza di un disegno industriale", non evidenziando prospettive di fusioni e aggregazioni di aziende. 
 
Il testo unico e le sue conseguenze per le amministrazioni locali
Ma cosa accade ora alle aziende pubbliche e agli appalti pubblici? Mario Centone, Magistrato della Corte dei Conti, ha definito i limiti e le aperture su affidamento di incarichi tra pubblica amministrazione e aziende pubbliche, oltre alle norme su controlli e status degli amministratori.
A queste osservazioni ha dato seguito Alessandro Russo, Presidente del gruppo CAP, per il quale "sul percorso che ha portato alla approvazione del testo unico sulle partecipate è pesata l'idea di un testo nato per chiudere queste società", idea oggi superata "grazie a un grande lavoro, con cui si è riusciti a far comprendere loro valore". Passando al tema delle norme sulle società in house, per Russo è importante "stabilire la qualità dei servizi erogati che sono legati ad altri asset di lavoro", considerando che i soci sono pubblici, il cui principale obiettivo "non è quello della distribuzione dividendi ma anche quello della massimizzazione dell'offerta dei servizi". Da qui una riflessione sul ruolo della politica in questa vicenda, perché "i Sindaci devono stare davanti all'azienda per darne gli indirizzi" e, "contemporaneamente, starne fuori per lasciare liberi gli amministratori individuati nel perseguire gli obiettivi che vengono fissati". 
In questa partita un ruolo decisivo lo svolgono i Comuni, e per questo Roberto Scanagatti, Presidente di Anci Lombardia, ha tenuto a sottolineare che a volte "sembra passata l'idea che i Sindaci abbiano considerato le aziende pubbliche come bancomat dove attingere risorse dai dividendi, ma non è così, perché privilegiamo gli investimenti per ammodernare le nostre città". Scanagatti ha proseguito considerando come i "Comuni siano continuamente chiamati a confrontarsi con uno scenario di norme che mutano velocemente, e fanno affidamento a un corpo di dipendenti che non cambia e diminuisce nel numero. Il tema della semplificazione è quindi sempre più attuale, poiché basta pensare che sono 69 le norme sulla finanza locale in due anni". 
Passando alla questione specifica del seminario, Scanagatti ha osservato che "non possiamo cedere all'idea che per stare tranquilli non dobbiamo fare niente, perché è ingiusto verso le nostre comunità". Il presidente di Anci Lombardia ha quindi evidenziato gli elementi positivi del provvedimento, come la possibilità per gli Enti pubblici di avere partecipazioni in società consortili e cooperative, o in quelle che possiedono e organizzano spazi fieristici, ma non ha potuto non considerare che "l'impianto è sviluppato su uno sfavore verso la proprietà pubblica ed é poco favorevole verso le aggregazioni per la gestione della proprietà pubblica delle società". (LS)
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